Verifica della continuità, Assonime chiama l’Oic
Assonime con il caso 5/2020 si sofferma sull’impatto della pandemia da Covid-19 sui bilanci 2019 che non richiederà una rettifica dei conti 2019, in quanto di competenza dell’esercizio in corso. Di contro la nota integrativa dovrà contenere informazioni al riguardo allorché gli eventi e i conseguenti effetti siano considerati rilevanti per l’impresa.
Ampio spazio all’impatto della pandemia sul going concern, in quanto la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività. In tale contesto attività e passività sono valutate tenendo conto della circostanza che l’impresa sia in grado di realizzare le proprie attività e soddisfare le proprie passività nel normale svolgimento della sua attività.
A questo punto, tenuto conto delle enormi difficoltà ad esprimere un giudizio nelle attuali condizioni di incertezza, di recente è intervenuto il legislatore con il decreto Liquidità introducendo un particolare meccanismo per la valutazione delle voci nella prospettiva della continuità per i bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati. Tale obiettivo viene realizzato con una norma (articolo 7, comma 1) che, al fine di soddisfare l’esigenza di conservazione del tessuto produttivo tenendolo indenne dagli effetti del Covid-19, consente di redigere i bilanci in continuità laddove la stessa sia presente nell’ultimo bilancio chiuso in data anteriore alla data 23 febbraio 2020. Il secondo comma estende tale beneficio ai «bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati» e quindi anche i bilanci chiusi al 31 dicembre 2019. La lettura delle due norme potrebbe indurre ad assumere come riferimento per il bilancio 2019 le risultanze, in termini di going concern, del bilancio chiuso al 31 dicembre 2018.
Non bisogna però dimenticare che è proprio il legislatore, nella Relazione, che, da una parte, giustifica l’intervento emergenziale con la necessità di salvaguardare le imprese che presentavano una regolare prospettiva di continuità prima della crisi e che con la crisi l’avrebbero persa atteso la visione prospettica di capacità di produzione di reddito; ma d’altra, precisa che esclude da tale possibilità le imprese che, indipendentemente dalla crisi Covid-19, si trovavano autonomamente in stato di perdita di continuità. Tali ragioni giustificano una diversa lettura che interpreta il richiamo al primo comma come finalizzato a dare a tutti i bilanci da approvarsi dopo l’inizio dell’emergenza sanitaria un riferimento temporale unitario, rappresentato dal 31 dicembre 2019, senza considerare gli eventi sopravvenuti nell’anno in corso
Questa seconda lettura, oltre ad essere più coerente con l’obiettivo del legislatore, varrebbe a prevenire una sorta di aberratio ictus della norma emergenziale, che finirebbe altrimenti per avallare la presentazione di un bilancio redatto on going concern basis da parte di società già prive della prospettiva della continuità aziendale alla fine del 2019.
Assonime dà atto di entrambe le interpretazioni, senza prendere posizione ma rappresentando l’opportunità che sul tema si esprima l’autorità nazionale preposta alla redazione dei principi contabili. Una posizione equilibrata e del tutto condivisibile data la necessità di fornire certezza alle imprese e favorire comportamenti uniformi. Resta solo da aggiungere l’auspicio che la questione sia risolta alla radice dallo stesso legislatore in sede di conversione del decreto con un intervento chiarificatore che allinei la lettera della norma agli obiettivi dichiarati nella relazione illustrativa.