Immobili

Violata la «reciprocità»: nullo l’acquisto in Italia di un cittadino svizzero

Spesso in concreto è difficile stabilire se uno Stato estero offre parità di trattamento

di Angelo Busani

Le persone fisiche e gli enti di ogni tipo – società, fondazioni, eccetera – di nazionalità extraeuropea (considerandosi la Ue allargata all’Efta e cioè a Islanda, Liechtenstein e Norvegia) possono compiere in Italia una data attività giuridica solo se, reciprocamente, il Paese cui lo straniero appartiene consenta al cittadino italiano o all’ente di nazionalità italiana di svolgere, in tale ordinamento straniero, la medesima attività giuridica.

È questa la cosiddetta “condizione di reciprocità”, recata dall’articolo 16 delle preleggi, le disposizioni preliminari al Codice civile, la cui violazione comporta la radicale nullità del contratto stipulato dallo straniero in Italia. In sostanza, in caso di mancanza della reciprocità, il nostro ordinamento non gli riconosce la capacità giuridica e quindi la capacità di stipulare contratti.

L’ultimo episodio in materia è quello oggetto del giudizio che è stato deciso dal Tribunale di Vicenza con la sentenza 884 del 18 maggio scorso, che ha dichiarato nullo l’acquisto immobiliare effettuato da un cittadino svizzero in Italia, in quanto il cittadino italiano in Svizzera può comprare (ai sensi della Lafe, la legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone all’estero del 16 dicembre 1983) solo locali a uso commerciale o case di vacanza di estensione non superiore a 200 metri quadrati e dotate di un’area di pertinenza di estensione non superiore a mille metri quadrati: il Tribunale ha accertato che queste due ultime prescrizioni erano state violate nel contratto poi fulminato con la dichiarazione di nullità.

Se la materia della condizione di reciprocità è di particolare rilevanza in questo periodo, nel quale i cittadini e gli enti di nazionalità russa sono colpiti dalle “sanzioni” che ne limitano variamente l’attività, ciononostante si tratta di un argomento di perdurante attualità, in quanto continuamente si ha a che fare con essa, stante il numero elevato dei casi in cui le persone fisiche e le entità straniere operano in Italia. In materia, vi sono alcuni punti fermi:

1) la condizione di reciprocità (invero emanata durante il periodo fascista per ragioni di protezione e di autarchia) non è stata – come talora si adduce – tacitamente abrogata dall’introduzione della Costituzione (Cassazione 1681/1993); dalla Costituzione può “solo” desumersi che l’esercizio dei diritti inviolabili dell’uomo (ad esempio, il diritto alla salute o alla tutela giurisdizionale) non è soggetto a reciprocità;

2) la condizione di reciprocità non si applica alla persona munita di permesso di soggiorno in Italia (articolo 2, comma 2, Dlgs 286/1998), all’apolide (Convenzione del 1951), al rifugiato (Convenzione del 1954), alla persona con una pluralità di cittadinanze, tra cui una della Ue (Consiglio di Stato n. 12/1956) e al familiare di un cittadino Ue, anche se di nazionalità non Ue (Dlgs 30/2007);

3) la condizione di reciprocità si intende verificata quando tra l’Italia e lo Stato di provenienza dello straniero esistano trattati, caso per caso variamente denominati, finalizzati a favorire la promozione e la protezione dei reciproci investimenti (e spesso recanti anche la clausola della “nazione più favorita”, vale a dire il principio per il quale gli Stati che firmano il trattato si concedono reciprocamente il miglior trattamento che ciascuno di essi riserva ad altri Stati); il caso più noto è quello dell’accordo con la Cina del 1985, ma in passato si parlò molto anche degli investimenti libici nella Fiat, nella Juventus e in Unicredit, in virtù dell’accordo Italia-Libia del 2000 e di quello di Abu Dhabi sempre in Unicredit reso possibile dall’accordo Italia-Emirati Arabi Uniti del 1995;

4) la condizione di reciprocità riguarda, in particolare, la costituzione di società, l’acquisto di aziende, di immobili e di partecipazioni in società, l’assunzione di cariche societarie (ad esempio, un italiano non può assumere l’incarico di amministratore delegato di una Società Anonima, e cioè la Spa brasiliana se non ha la residenza in Brasile); non riguarda invece le vendite e gli atti alienativi in genere, in quanto, se un diritto (come la proprietà immobiliare) sia stato validamente acquistato da uno straniero, in un momento in cui la condizione di reciprocità sussisteva, evidentemente non può impedirsi a quello stesso straniero di cedere tale sua posizione giuridica legittimamente acquisita.

Un punto, invece, poco fermo è quello dell’accertamento della condizione di reciprocità: in teoria sarebbe il ministero degli Esteri a doverlo stabilire (articolo 1, Dpr 394/1999), ma, in pratica, il sito dedicato a questa materia è assai poco esplicito ( www.esteri.it/it/politica-estera-e-cooperazione-allo-sviluppo/diplomazia-giuridica/condizreciprocita/ ) e se il ministero viene direttamente interrogato su un caso specifico spesso la risposta è del tutto vaga.

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