Comunitario e Internazionale

Whistleblowing: perché l'attuazione della Direttiva Europea aiuterebbe la gestione dei fondi del PNRR

Il legislatore italiano è in ritardo nell'attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 in materia di whistleblowing. Ma più del rischio di subire una procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea preoccupa il non avere un sistema di compliance adeguato alla gestione dei fondi del PNRR

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di Gianluca Fasano*

Per finanziare i 750 miliardi di prestiti del Next Generation EU destinati agli Stati membri, di cui il PNRR rappresenta la chiave d'accesso per il nostro Paese, l'Unione Europea ha fatto ricorso al Capital Market, un mercato notoriamente caratterizzato da un notevole livello di rischio e in cui l'utilizzo corretto delle risorse è sottoposto ad un'attenzione massima da parte di finanziatori.

E in effetti, la preoccupazione nella politica e nell'opinione pubblica che la gestione delle risorse possa esser viziata da abusi, impieghi poco trasparenti o casi di corruzione, è davvero alta, considerato il periodo di crisi profonda che attraversa il Paese.

Non basta, quindi, accedere ai fondi europei ma occorre dotarsi di una macchina amministrativa idonea non soltanto a limitare i rischi di illeciti accaparramenti ma anche ad evitare pastoie burocratiche che ne potrebbero impedire l'impiego lecito da parte di cittadini onesti.

E, in tale prospettiva, il ritardo nell'adozione delle norme di recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 in materia di whistleblowing non aiuta certo.
Non v'è dubbio che negli ultimi anni sia stato fatto tanto per prevenire fenomeni illeciti nell'impiego di denaro pubblico. Si pensi alle norme antiriciclaggio, ai sistemi di tracciabilità dei flussi finanziari, alle misure anticorruzione, al ruolo dell'ANAC e al discusso codice degli appalti.

Tuttavia, la necessità di un intervento legislativo per armonizzare le tutele normative del whistleblower, di modo che tutti gli Stati membri abbiano standard elevati di protezione comuni, sulla consapevolezza che una protezione insufficiente può avere un impatto negativo non solo sul singolo Stato membro ma sul funzionamento delle politiche dell'intera UE, è resa evidente dai recenti scandali del Dieselgate, il Luxleaks, il Panama Papers o Cambridge Analytica. Eventi che rilevano sotto più profili.

Da un lato, i gravi danni arrecati all'ambiente, alla salute e alla sicurezza pubblica e alle finanze pubbliche nazionali o dell'UE, hanno messo in risalto ancora una volta le caratteristiche di un processo di globalizzazione che impone di affrontare le sfide dell'era moderna come problematiche sovranazionali.

Da altro canto, i recenti scandali sono venuti alla luce grazie alle segnalazioni di coloro che operano in un determinato contesto lavorativo, i quali sono i primi, e spesso gli unici, a sapere di minacce che si generano all'interno di organizzazioni o istituzioni.
E le innovazioni che attendono di esser tradotte in norme dello Stato sono tante, tutte tese verso la condivisibile direzione di costruire un rapporto di fiducia tra segnalante e istituzioni, promuovendo il ruolo del segnalante come un valore fondamentale per salvaguardare gli interessi della collettività.

Tra le tante novità, giova segnalare l'obbligo di introdurre procedure di follow-up delle segnalazioni. Entro 3/6 mesi dalla presentazione della segnalazione, l'ente che la gestisce dovrà fornire un feedback al segnalante, informandolo circa il seguito dato alla sua segnalazione. E nulla più di ciò può aumentare la fiducia verso il sistema di protezione degli informatori: spesso, infatti, chi è a conoscenza di informazioni inerenti violazioni di diritti non le esterna per la frustrazione di non vedere un seguito concreto e fattivo alle proprie denunce.

Anche la previsione che prevede supporto legale, finanziario e psicologico per il whistleblower nonché la disposizione che estende la protezione alle persone che assistono i whistleblower contribuirà ad accrescere il senso di fiducia verso il sistema di protezione, incoraggiandone l'utilizzo.

La direttiva prevede anche la possibilità di denunciare pubblicamente, tramite piattaforme web o social media, o ai media, alle organizzazioni della società civile, ecc, nel caso in cui si verifichino delle condizioni specifiche, come la mancanza di un seguito alla denuncia iniziale, in caso di pericolo imminente per l'interesse pubblico o se c'è il rischio di ritorsioni. Ancora un sostegno verso la concezione del whistleblowing quale dimensione di tutela dell'interesse pubblico.

Il Next Generation EU può rappresentare per l'Italia non soltanto un'occasione finanziariamente rilevante ma anche un appuntamento da non perdere per revisionare strumenti esistenti, affinarli, aggiustarli, nella prospettiva, tipica dei fora internazionali di cui la normativa anticorruzione è espressione, quella cioè di un monitoraggio costante dell'efficacia della regolazione e della conseguente attività di compliance.

Tutti sono d'accordo nel ritenere che una reale innovazione richieda un cambiamento culturale e il legislatore comunitario tende proprio in questa direzione, introducendo nuove regole finalizzate ad attribuire valenza pubblica alla vigilanza collettiva realizzata attraverso le segnalazioni. Nell'attesa che il legislatore italiano dia spazio a tali mutamenti normativi, assume assoluta rilevanza il ruolo dell'impresa: cogliere nella lotta alla corruzione - strumento anti-concorrenziale per definizione - un alleato a favore della crescita dell'impresa, del mercato e dell'economia.

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*A cura dell'Avv. Gianluca Fasano, Dirigente Istituto di Ricerca ISTC-CNR

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