Responsabilità

Fondo “Auto-assicurazione” delle strutture sanitarie, verifica degli eventi rivelatori di rischio rispetto alla serie storica

Il terzo contributo dello Speciale dedicato al “Fondo rischi per la c.d. “auto-assicurazione” delle strutture sanitarie” è dedicato alla metodologia di valutazione degli eventi rilevatori, funzonali, a rilevare l’esistenza di un rischio di ricezione di una domanda risarcitoria in relazione a un fatto specifico e individuato

Real abdominal surgery on a cat in a hospital setting. High quality photo

di Alberto Quagli e Marco Capecchi*

Come illustrato nell’articolo precedente, specificamente dedicato alle modalità di calcolo dell’accantonamento annuale, al fine di quantificare correttamente il fondo rischi, ciascuna struttura dovrà stimare, per ogni tipo di trattamento il numero di richieste risarcitorie che prevede di ricevere e del relativo costo medio, sulla base della propria serie storica e del numero di prestazioni effettuate nel corso dell’esercizio.

Inoltre, nel corso di ciascun esercizio, possono accadere eventi rivelatori di possibili sinistri e quindi, di un potenziale rischio risarcitorio ed è, pertanto, necessario valutare se tali rischi rientrino tra quelli già stimati, ovvero costituiscano manifestazione di un rischio imprevisto e quindi, ulteriore.

Gli eventi rivelatori di rischio possono essere costituiti, ad esempio, da:

  • Denunce e/o procedimenti penali: si tratta di eventi che non implicano una richiesta risarcitoria (salvo che vi sia costituzione di parte civile), ma che spesso sono prodromici alla ricezione di una domanda risarcitoria; si rende, perciò, necessario verificare se tale evento riveli l’avvenuto verificarsi di un fatto per il quale vi è probabile sussistenza di un rischio risarcitorio.
  • Segnalazione di eventi avversi nell’ambito dell’attività di incident reporting (prevista dall’art. 1 comma 539, lett. A) della legge 28.12.2015, n. 208) che potrebbero rivelare un danno cagionato ad un paziente con conseguente rischio risarcitorio.
  • Richiesta di cartella clinica: si tratta, spesso, del primo passo compiuto dal danneggiato o dai suoi congiunti per compiere accertamenti in merito alla responsabilità della struttura e dunque, a fronte della ricezione di tale richiesta, è opportuno verificare se vi siano potenziali responsabilità nei trattamenti effettuati al paziente a cui si riferisce la richiesta;
  • Mutamenti giurisprudenziali che possono incidere sulla responsabilità sanitaria (si pensi, da ultimo, al notevole aggravamento della rischio per le infezioni correlate all’assistenza che si è verificato a seguito della sentenza Cass. 5808/2023);
  • Notizie emerse nell’ambito dell’attività di farmacovigilanza ex D.M. 30.4.2015.
  • Notizie emerse nell’ambito dell’attività di monitoraggio delle apparecchiature ex D.M. 22.4.2014.
  • Altre notizie di fatti dai quali possa scaturire una responsabilità della struttura verso i pazienti, gli operatori o i terzi;

Si tratta di eventi diversi da una richiesta risarcitoria (e quindi, che non costituiscono un sinistro), ma che devono essere indagati dalla struttura in modo analogo a quanto viene fatto per i sinistri, per valutare se rivelino l’esistenza di un rischio di ricezione di una domanda risarcitoria in relazione a un fatto specifico e individuato (e non a quel rischio genericamente previsto sulla base della serie storica di cui si è dato conto nell’articolo precedente).

Laddove tale analisi riveli che, effettivamente, uno di tali fatti evidenzia l’esistenza di un probabile rischio risarcitorio, sarà necessario indagare se quest’ultimo rientri tra quelli già previsti secondo la proiezione della serie storica, ovvero si tratti di un rischio imprevisto: nel primo caso, non sarà necessario apportare alcuna modifica alla misura dell’accantonamento del fondo rischi; nel secondo caso, invece, sarà necessario aumentarlo, rispetto alla quantificazione determinata sulla base del criterio statistico. per comprendere anche l’ulteriore rischio di cui è stata constatata la sussistenza a seguito del verificarsi del fatto.

Così, ad esempio, si immagini che la proiezione effettuata sulla base della serie storica faccia prevedere il verificarsi di dieci sinistri con valori compresi tra 10.000,00 e 50.000,00 e valore medio di 30.000,00 e che, a seguito delle verifiche conseguenti alla ricezione di una richiesta di cartella clinica, si comprenda essere accaduto un fatto che potrebbe aver causato danni per 40.000,00: in tal caso, non vi sarebbe alcuna necessità di intervenire sulla misura determinata sui soli dati statistici; se, invece, la misura di tale rischio fosse stimabile in euro 100.000,00, e, dunque, avesse un valore eccedente quello massimo risultante dalla serie storica, sarebbe necessario attualizzare le risultanze di quest’ultima includendo tale valore e utilizzando il dato della media risultante per il calcolo del costo di tutti i sinistri attesi. Tuttavia, qualora il rischio non compreso nella serie storica presentasse uno scostamento significativo dai valori di quest’ultima e avesse una modesta frequenza, si potrebbe anche effettuare una valutazione analitica dello stesso, fermo restando la valutazione forfettaria degli altri rischi, in analogia a quanto previsto da OIC 15 al par. 61 per la svalutazione dei crediti: sempre con riferimento al medesimo esempio, si potrebbe procedere all’accantonamento secondo i criteri statistici per i rimanenti 9 sinistri attesi (quindi 270.000,00 euro), e aggiungere a tale importo quello stimato analiticamente per l’evento di cui si è venuti a conoscenza (100.000,00) per un totale valore di 370.000,00.

Sempre con riferimento al medesimo esempio, si ipotizzi di aver ricevuto la notizia che, a seguito del guasto di un apparecchio, è probabile si siano verificati sinistri in serie, mai accaduti in precedenza, che potrebbero aver coinvolto 40 pazienti. In tal caso, appare corretto determinare l’accantonamento sulla base non più solo del rischio dei 10 sinistri attesi secondo i dati statistici, ma anche del sinistro in serie, portando a 50 il numero di sinistri previsti.

La interoperabilità tra fondo rischi e fondo riserva sinistri

Il fondo rischi e quello per riserva sinistri differiscono tra loro principalmente perché il primo deve essere quantificato tenendo conto di rischi noti o previsti che ancora non abbiano costituito oggetto di alcuna richiesta risarcitoria, mentre il secondo è relativo ai possibili risarcimenti di eventi per i quali tale richiesta sia già stata ricevuta dalla struttura.

Sarà, quindi, normale che, per il medesimo rischio, venga accantonata in un primo momento una somma nel fondo rischi e, allorquando il danneggiato dovesse formulare una richiesta risarcitoria, venga accantonata anche una somma nel fondo riserva sinistri. Al fine di scongiurare la duplicazione degli accantonamenti per il medesimo rischio, l’articolo 12 del decreto ha previsto la interoperabilità tra fondo rischi e fondo riserva sinistri così da poter stornare dal fondo rischi le somme inizialmente accantonate per i rischi che, successivamente, sono divenuti oggetto di sinistro. 

Anche tale operazione può presentare alcuni profili di criticità. Innanzitutto, è necessario stabilire una corrispondenza certa tra il rischio che era stato oggetto di accantonamento nel fondo rischi e quello che si è manifestato con la ricezione della richiesta risarcitoria: ciò può avvenire agevolmente quando l’accantonamento per il fondo rischi sia stato effettuato con riferimento ad un evento rivelatore precisamente circostanziato (si pensi alla richiesta della cartella clinica di un intervento fatta da un paziente che abbia poi formulato domanda risarcitoria proprio in relazione a tale intervento). Un po’ più complicata è la verifica necessaria rispetto ai rischi che sono stati previsti sulla proiezione della serie storica perché, in tal caso, è necessario verificare se l’evento oggetto della denuncia di sinistro rientri tra quelli previsti. 

A fronte di tale verifica, possono aversi due risultati:

  •  Il sinistro rientra tra quelli previsti sulla base della serie storica (perché può determinare un risarcimento di importo compreso tra il minimo e il massimo indicati dalla serie storica e rientra nel numero complessivo dei sinistri attesi per la tipologia di trattamento). In questo caso, si potrà procedere con la trasmigrazione prevista dall’art. 12, aumentando l’accantonamento del fondo riserva sinistri (per l’importo risultante dalla valutazione della denuncia di sinistro e stornando dal fondo rischi l’importo accantonato per il medesimo evento).
    Ad esempio, nella quantificazione del fondo rischi erano stati previsti dieci sinistri di importo compreso tra x e y quali conseguenze indesiderate di un trattamento e viene ricevuta domanda risarcitoria proprio in conseguenza di un errore commesso in tale trattamento e di importo compreso tra quelli previsti. Ovviamente, l’importo da stornare dal fondo rischi e quello da accantonare nel fondo sinistri potranno non corrispondere giacché il primo era stato calcolato in modo astratto sulla base del valore medio dei sinistri verificatisi per la tipologia di trattamento, mentre il secondo valore deve essere determinato sulla base della valutazione del fatto precisamente individuato mediante gli elementi ricavabili dalla denuncia di sinistro (e dalle successive indagini sul fatto che ha causato il sinistro).
  • Il fatto che ha generato il sinistro non rientra tra quelli previsti sulla base della serie storica: può trattarsi di un fatto diverso da quelli previsti oppure ulteriore (ad esempio, la richiesta risarcitoria determina l’apertura dell’undicesimo sinistro conseguente ad un trattamento che si era ipotizzato potesse generare dieci sinistri).
    In questo caso, a fronte della contabilizzazione dell’evento in fondo sinistri, non potrà procedersi ad alcuna riduzione dell’importo del fondo rischi in quanto è già azzerato a seguito dei primi dieci.

Con riferimento a quest’ultima ipotesi, l’art. 10 c. 3 prevede che “Qualora, a seguito dell’utilizzo del fondo, il residuo importo sia ritenuto insufficiente a far fronte ai rischi in corso nell’esercizio, il fondo deve essere immediatamente ricostituito e comunque entro l’esercizio in corso, salva la possibilità di stipulare apposita polizza assicurativa a copertura dell’eventuale esaurimento del fondo.”.

La fattispecie prevista da tale norma si ritiene si verifichi quando l’ammontare dei rischi risultanti dalle richieste risarcitorie formulate per un dato esercizio risulti superiore alla misura dell’accantonamento del fondo rischi effettuato per il medesimo periodo: ci si può interrogare se tale insufficienza debba essere valutata rispetto al valore complessivo del fondo rischi e, quindi, consentendo un bilanciamento tra gli importi previsti per i diversi rischi, ovvero se tale valutazione di debba avvenire in relazione ai rischi previsti per ciascun singolo trattamento.

A dispetto della formulazione della norma, che potrebbe far propendere per la prima soluzione, pare preferibile la seconda opzione in quanto più coerente con la logica che si ritiene pervada l’intero impianto del decreto e, in particolare, con la previsione che l’accantonamento del fondo rischi debba avvenire tenendo conto della “tipologia e della quantità delle prestazioni erogate” (art. 10 c. 2 lett. a), oltreché con la norma contenuta nell’art. 17 c. 4 che prevede la necessità di raffrontare le valutazioni effettuate e i risultati emersi come si vedrà meglio tra poco.

Al termine di ciascun esercizio successivo al primo (che, si vedrà meglio in seguito, sarà per la maggioranza delle strutture il 2025), il fondo rischi è destinato a subire (almeno) una duplice modifica:

  • In aumento per via dei nuovi rischi derivanti dai trattamenti sanitari effettuati nel corso dell’esercizio successivo a quello per il quale il fondo è già stato approvato;
  • In diminuzione per via della trasmigrazione di parte dei rischi verso il fondo sinistri.

A tali modifiche, deve poi aggiungersi quella derivante dalla revisione annuale del fondo stesso, andando ad eliminare quei rischi il cui verificarsi è da ritenersi, sulla base delle circostanze intervenute successivamente alla loro previsione, non più probabile.

Sarebbe certamente errato ritenere non più probabili i rischi che non si siano tradotti in un sinistro al termine dell’esercizio successivo: la prescrizione decennale del diritto (e, ancor più l’interpretazione giurisprudenziale in tema di individuazione del dies a quo) garantisce al danneggiato un ampio lasso di tempo per formulare la domanda risarcitoria.

Peraltro, è notorio che il rischio di ricevere una richiesta risarcitoria per un fatto illecito diminuisce con il trascorrere del tempo fino ad azzerarsi con la maturazione della prescrizione del diritto al risarcimento. Sarà quindi opportuno che le strutture raccolgano dati che documentino tale progressiva diminuzione del rischio (mettendo in relazione il numero stimato di sinistri con il numero di richieste di risarcimento effettivamente ricevute negli esercizi successivi fino al termine di prescrizione) così da poter conseguentemente ridurre l’importo stimato per ciascun rischio anche prima della maturazione della prescrizione del diritto al risarcimento.

Inoltre, è possibile che la stima iniziale dei rischi di ciascun esercizio si riveli perfettibile alla luce delle conoscenze acquisite successivamente, e necessiti di essere corretta ed è proprio con riferimento a tale ipotesi che il decreto, all’art. 17 c. 4, espressamente prevede l’obbligo per la struttura di effettuare il raffronto tra le valutazioni effettuate e i risultati emersi, nonché sulle criticità riscontrate, proponendo i necessari interventi migliorativi: sarà nell’ambito di tale costante attività di monitoraggio che la struttura dovrà perfezionare il proprio modello previsionale applicandolo di anno in anno anche alle previsioni già effettuate in precedenza giungendo a una revisione degli accantonamenti già effettuati. Sia consentito osservare che anche tale previsione sembra deporre nel senso che sarebbe necessario provvedere a ripianare il fondo rischi ogniqualvolta lo stanziamento per il rischio derivante dalle prestazioni effettuate per ciascun singolo trattamento si dimostri insufficiente (e non quando il fondo nel suo complesso si dimostri insufficiente).

Al fine di poter svolgere al meglio le complesse valutazioni descritte per quantificare gli importi del fondo rischi e del fondo riserva sinistri, il decreto ha espressamente previsto la costituzione di un apposito comitato di valutazione del quale ha specificato analiticamente le competenze dei componenti: medicina legale, loss adjuster, avvocato interno dell’ufficio aziendale incaricato della gestione sinistri, gestione del rischio), avente la funzione di supportare gli amministratori nella sima dei fondi (art. 16 c. 1).

Tale previsione è senz’altro da valutare positivamente perché prevede una composizione multidisciplinare che racchiude tutte le competenze necessarie per il corretto svolgimento della funzione. È opportuno osservare che tale comitato dovrà essere costituito da parte di ciascuna struttura sanitaria, ma potrà essere composto anche da professionisti esterni alla stessa.

Tra le competenze minime obbligatorie non è stata prevista quella attuariale, nonostante lo stesso articolo 16, al comma secondo, preveda che il processo di stima dei fondi richieda l’utilizzo di tecniche probabilistico-attuariali. Si deve ritenere che la mancata inclusione di tale competenza tra quelle necessarie sia il frutto di una precisa scelta, effettuata per differenziare adeguatamente il procedimento di stima dei fondi delle strutture sanitarie da quello impiegato per le riserve tecniche delle compagnie assicuratrici, anche al fine di garantire il necessario rilievo non solo alle proiezioni basate sulla serie storica ma anche ai dati a consuntivo sull’attività svolta e alla stima degli eventi rivelatori (elementi, questi ultimi normalmente estranei alla stima delle riserve tecniche delle compagnie assicuratrici) e così da attribuire un ruolo di maggiore rilevanza alla figura del risk manager, in sintonia con le previsioni della legge Gelli.

La minor rilevanza delle valutazioni attuariali nei bilanci delle strutture sanitarie rispetto a quello delle compagnie assicuratrici, inoltre, risulta confermata anche dal fatto che nel decreto non è stato prevista l’individuazione di alcuna “corretta tecnica attuariale (a differenza di quanto previsto dall’art. 102 c. 2 cod. ass. priv.) da impiegare per determinare la sufficienza delle riserve e per effettuarne la revisione legale (nonostante sia stata prevista, all’art. 13, la certificazione dei fondi delle strutture sanitarie ad opera di un revisore legale).

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*A cura di Alberto Quagli, Professore ordinario di Economia Aziendale – Dipartimento di Economia, Università di Genova e Marco Capecchi, Professore associato di diritto privato – Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Genova

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